Rione Terra, per i disabili visite parziali: «Arrivato in cima grazie a Traorè»

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La fotografia a corredo di quest’articolo me l’ha scattata mia sorella sullo splendido belvedere del Rione Terra di Pozzuoli. L’affaccio sul golfo della cittadina in provincia di Napoli è l’ultima tappa della visita guidata ai resti dell’antica città greco-romana emersi durante la restaurazione del borgo. Infatti, il Rione Terra fu raso al suolo quasi completamente dai fenomeni sismici degli anni ’70 e ’80: il bradisismo della zona flegrea e il terremoto dell’Irpinia del 1980.

Così, preventivamente evacuato nel 1970, il quartiere è rimasto abbandonato fino all’inizio degli anni ’90, quando cominciarono i lavori di riqualificazione e restauro dell’area. Lavori che hanno portato al ritrovamento di una parte dell’antica Puteoli che ora è visitabile grazie alla creazione di un percorso archeologico dislogato su tre livelli.

I disabili che visitano il Rione Terra devono fermarsi al primo livello

Insomma, visitare il Rione Terra è un po’ come ritrovarsi in una piccolissima Pompei (il percorso è lungo solo tre chilometri). Perciò, quando mia sorella mi ha proposto di andare a vederlo, ho accettato con entusiasmo. E siamo rimasti piacevolmente stupiti nello scoprire, sul sito web dove si compravano i biglietti, che il disabile e l’accompagnatore non pagavano. Una notizia che faceva desumere che il sito fosse accessibile. Invece, una volta giunti a destinazione, un’impiegata dell’ufficio informazioni ci ha spiegato che le persone disabili potevano completare solo il primo livello del percorso; poi cominciavano le scale e per chi aveva problemi motori la visita finiva lì, game over!

Molti al mio posto sarebbero andati via indignati, piuttosto che subire l’umiliazione di arrivare alla fine del primo tratto e vedere gli altri visitatori continuare il percorso; mentre loro se ne sarebbero dovuti tornare indietro mestamente. Ma io sono abituato a girare il centro storico di Napoli, quindi sono allenato ad aggirare ogni sorta di barriera architettonica. Perciò ho detto a mia sorella, al compagno e a mia madre che volevo arrivare fino alla scala e rendermi conto se potevo farcela ad alzarmi dalla carrozzina e salire i gradini.

Camminare dove hanno camminato gli antichi romani

Così, abbiamo iniziato la visita insieme a un’altra quindicina di persone. La ragazza che ci faceva da guida era preparatissima e spiegava molto bene tutte le vicende storiche legate a quel luogo. Insomma, la visita filava via piacevolmente: ascoltavo la guida e immaginavo gli antichi romani passeggiare lungo quel decumano che ora stavamo percorrendo noi. Finché non siamo giunti ai piedi della prima scala, che mi è apparsa subito stretta e ripida. E mentre valutavamo se fosse il caso di provare a salire a piedi, si è avvicinato un uomo di colore, che stava partecipando alla visita con la moglie e le due figlie adolescenti, offrendoci aiuto. Molto gentilmente, si è reso disponibile ad alzare la sedia e portarmi al livello superiore. Allora abbiamo accettato, così lui e mio cognato Niki hanno reso possibile la continuazione della mia visita.

Un angelo di nome Traorè

Il problema è che quella non era l’unica scala e più avanti ne avremmo incontrate altre; ma quell’uomo ogni volta si staccava dalla famiglia per avvicinarsi con descrizione, chiedeva come doveva afferrare la carrozzina e si caricava una parte del peso. Dagli altri visitatori, invece, nemmeno un cenno per dire: «Se serve un’altra mano, io ci sono». Anzi, sembrava che neanche si fossero accorti che tra di loro ci fosse qualcuno in difficoltà bisognoso d’aiuto. Solo un ragazzo dell’organizzazione, che affiancava la guida, ha dato una mano in qualche passaggio.

Ovviamente, durante il percorso ci sono state le dovute presentazioni e l’uomo ci ha detto di chiamarsi Traorè. Se non ci fosse stato lui, molto probabilmente avrei dovuto rinunciare a proseguire la visita e non sarei mai arrivato al terzo livello; senza il mitico Traorè, non avrei mai visto il tempio romano e non avrei potuto godere dello spettacolo che si apre quando si giunge sul belvedere. Se non ci fossero stati Niki e Traorè, avrei subito l’ennesima umiliazione da parte di chi pensa che un sito parzialmente accessibile ai disabili sia comunque un buon servizio da offrire. E magari il concetto non è nemmeno sbagliato, ma vorrei esserne informato prima di prenotarlo.

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Gennaro Morra

Nato e cresciuto a Napoli, dove vivo attualmente, ho studiato informatica e sociologia. Ho tante passioni, ma quella che coltivo di più è la scrittura in tutte le sue forme. Sono giornalista pubblicista e ho all’attivo un romanzo, una raccolta di poesie, alcuni testi per canzoni, diversi premi vinti in concorsi di poesia e narrativa, collaborazioni con Repubblica Napoli e il Mattino.

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